sabato 7 giugno 2014

Treviso


Per descrivere Treviso non si può che affidarsi alle parole di Giovanni Comisso:
“La città di Treviso è una gentilissima struttura medioevale in giuoco bizzarro con le chiare acque dei fiumi che l’attraversano e né le distruzioni di guerre, né il cattivo gusto degli uomini riescono ancora a tramutare.

….Le acque fluviali sono così numerose che fanno pensare alla città come un’isola e sono sfruttare in modo che le case si compongano con esse senza opprimerle.
… la pescheria situata in un’isola del Cagnan, frondosa di castagni, è la più tipica del mondo: galleggiante sulle acque. In un’altra piazza il mercato quotidiano delle verdure riserva frutta ed erbaggi fino al selciato: tutte le meraviglie quotidiane della campagna attorno immediata e le elle venditrici lanciano i loro richiami come offrissero le loro bellezze. E’ una città umana e completa, fatta su conoscenza delle necessità e dei desideri degli abitanti.

…… tutte queste acque sono talvolta placide nel corso, talvolta impetuose senza mai sollevare minaccia e gli abitanti vi si specchiano conformi.
… ma queste acque che mutano non solo la loro forza, ma il loro colore, da limpido a torbido, ànno anche la virtù di ispirare un’inquietudine fantastica, come nei sogni, che spiega il formarsi in questa città di tanti artisti, particolarmente pittori.
Non è una città di pietre squadrata, monotona e fredda, ma, intrecciata alla mobile e cangiante filigrana dell’acqua, con smeraldi interposti ovunque d’alberi e di giardini, convince d’essere piuttosto un parco d’incantesimi.

Inverso come uno di questi parchi che i prìncipi del Medioevo volevano misteriosi di grotte, di labirinti, di statue di nani e di mostri, di sorprese d’acqua e di fiabeschi ninfei, è ancora in certi angoli risparmiati dalla distruzione. Vi sono strette vie che si fanno oscure passando tra case così avvicinate da creare accostamenti incomprensibili di archi, forse per reggerle, forse solo per dare un passaggio ai topi; lo sguardo si perde in quegli alti crepacci come un viottolo montano incastrato nella roccia. Altre passano sotto a grandi archi formati dalle case soprastanti ed è in queste ombre che si schiudono le vecchie osterie come altre grotte dentro una grotta. Le acque in certi punti sono divise da brevi tratti di terra dove verdeggiano tenui i salici piangenti e si viene presi dal desiderio di passeggiarvi in mezzo, ma è introvabile e misterioso l’accesso. Anche le acque, come i vicoli, passano altrove sotto le case, rigurgitando contro i pilastri dei bassi archi occhieggianti.

Sono innumerevoli le case costruite sull’acqua, come per un’arte appresa da Venezia, e tra una casa e l’altra, un tempo, vi erano interposti dei mulini con la grande ruota di legno che girava lagrimosa d’acqua e cigolante. Ancora sono rimaste queste ruote, ma nei mulini non si macina più.”

(tratto da Gentile Treviso in Veneto Felice, Ed.Longanesi)

 

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