NEL
Trevigiano ricorre una simpaticissima frase proverbiale-aforistica “Mi
no vado a combatar”. L’aveva rilanciata Remigio Forcolin 1 durante il
ventennio fascista, quale sottotitolo per il suo foglio satirico
“Cagnan”, dal nome del corso d’acqua trevigiano famoso per essere stato
citato da Dante nel canto IX del Paradiso, ai versi 49/51.
e dove Sile e Cagnan s’accompagna,
tal signoreggia e va con la testa alta,
che già per lui carpir si fa la ragna.
La strofa ci dice che “dove il Cagnan affluisce nel più copioso Sile (a Treviso), qui signoreggia con alterigia colui (Rizzardo da Camino) che già sta per cadere nella trappola dei congiurati”.
Il regime fascista ritenne la frase pericolosissima per la propaganda e fece di tutto per censurarla. “Mi no vado a combatar”
non avrebbe mai avuto odore di diserzione e certamente fu la stessa
imbecillaggine politica, con i suoi timori, ad accendere e alimentare
un’interpretazione di tradimento. “Mi no vado a combatar” era l’intento
popolaresco di “non vado a impicciarmi degli affari altrui” e Forcolin,
maestro d’ironia qual era, la utilizzava a titolo delle sue ciacoe
(chiacchiere) di paese che riportava sul foglietto.
(Ferruccio Gemellaro)
Ecco, quindi, un esempio come gli avvenimenti possano incidere su un
tranquillo percorso semantico. Pochi, oggi, ne ricordano il significato
di piazza, a beneficio di quello indotto dai censori.
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