Vizi e virtù della Treviso di un tempo, che c'era e mai più tornerà.
Francesco Moretti porta alla ribalta delle cronache cinquanta volti
della trevigianità degli anni Settanta. Il tutto accade in una mostra,
“Ritratti”, che sarà inaugurata sabato 11 maggio alle 18.30 in città,
allo Spazio Paraggi di via Pescatori. Per la prima volta, nel luogo che
dato i natali al “bianconero” di Moretti, tornano i personaggi che hanno
vissuto, calcato e animato la città di provincia lanciata nel mondo dal
“Signore e Signori” di Pietro Germi. Ricorda Moretti: «A quel tempo ero
un giovane fotografo. L'architetto Giorgio Fantin mi chiese di
fotografare Treviso, per farne una specie di album di famiglia. Ora, per
questa esposizione, ho recuperato i vecchi negativi. Volevo dare nuova
vita a un mondo scomparso e vedere quali reazioni questo susciterà nei
visitatori». Tanti, infatti, i protagonisti che disegnano,
nostalgicamente, la scena cittadina anni Serttanta. Nell'Olimpo della
cultura s'incontrano facce e pose di Mario Del Monaco, del mago del
ferro Toni Benetton, del pittore Nando Coletti, dell’incisore Giovanni
Barbisan. Immancabili all'appello anche Giuseppe Maffioli, gastronomo e
attore, il sindaco Antonio Mazzaroli e Alfredo Beltrame, padre de El
Toulà. Ma pari dignità è stata riservata anche ad altri, meno famosi ma
altrettanto indispensabili per completare il quadro delle
“figure”cittadine: ci sono il libraio Tarantola; la signora Lilly,
venditrice di intimo e guanti per donna; “Ciccio” il cameriere del
Biffi; i fratelli Bosio del Caffè Commercio; il giocattolaio Tiziano; il
sellaio di Sant'Agostino, le garbate contessine Rinaldi e la “Ciana”,
donna avvezza alle passioni maschili. Non semplici personaggi, ma veri e
propri “tipi” che hanno caratterizzato, nel bene e nel male, il
pettegolezzo di quel tempo. Erano gli anni della Dc; governavano più i
preti della politica, eppure la moralità si contaminava spesso col
pettegolezzo buono, tramandato all'osteria e discusso, se non
bisbigliato sotto ai portici della città. Artisti, poeti, alta borghesia
ma anche commercianti e camerieri hanno rappresentato la civiltà
“trevisana”, godereccia e bacchettona allo stesso tempo, ricorda
Moretti: «Era una generazione di persone che si identificava nel proprio
lavoro». E aggiunge il fotografo: «Oggi non è più così, non c'è quel
fermento grazie al quale le diverse classi sociali s'incontravano nelle
osterie, nei bar centrali e nelle piazze. C'era una quotidianità diversa
e irripetibile». Con un briciolo di malinconia Moretti ripropone quindi
la Treviso viva e vivace di quarant'anni fa, ben lontana dalla
generazione odierna, un po' sguaiata seppur nascosta dietro a forme
impeccabili e denaro.
La mostra è aperta fino al 23 maggio. Orario: da lunedì a venerdì 9-19; sabato e domenica 16.30-20.
Valentina Calzavara
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