Grappoli di Burson L’Uva
Longanesi, chiamata Bursona in
dialetto romagnolo, è un vitigno autoctono della zona di Ravenna e
ad oggi gli ettari vitati sono all’incirca 200. Poche sono le
cantine che si dedicano alla coltivazione di questo nobile vitigno,
anche se le ultime bottiglie che abbiamo degustato mostrano grande
carattere e un potenziale eccellente. Fino a poco tempo fa l’uva
Bursona era confusa con il Negretto, ma nel 2000 è stata iscritta al
Registro delle Varietà con il nome di Uva
Longanesi.
Nella
seconda metà dell’800 la Fillossera mise a ferro e fuoco tutti i
vigneti dell’Europa, distruggendo la quasi totalità delle piante,
tanto che si persero le tracce dell’uva Bursona. Fu soltanto nel
1920 che Aldo Longanesi trovò un vite che non aveva mai vista,
abbarbicata ad una vecchia quercia, nel suo podere a Bagnacavallo. Da
allora l’Uva Longanesi di strada ne ha fatta e oggi i produttori
sono riuniti nel Consorzio Il Bagnacavallo, nato nel 1999 per
valorizzare e tutelare questo vitigno autoctono della Romagna. Gli
sforzi e l’entusiasmo hanno permesso ai produttori di migliorare le
tecniche di vinificazione e con il tempo e il perfezionamento
dell’appassimento delle uve, i risultati mostrano bottiglie di
elevata qualità, in grado di misurarsi con gli altri grandi vini
rossi d’Italia.
L’uva
Longanesi è coltivato principalmente nella provincia di Ravenna:
Bagnacavallo, Lugo, Russi, Godo, Fusignano e Cotignola. Anche alcuni
produttori delle colline di Faenza, Santa Lucia, fanno parte del
Consorzio.
Se
sentite profumo di amarene sotto spirito e cacao siete sulla buona
strada Se osservate un grappolo di uva
Longanesi noterete che è compatto, di media grandezza, di forma
allungata, ma soprattutto luminoso, opalescente. La buccia infatti è
ricoperta da una spessa pruina, cosa che rende subito riconoscibile
il vitigno. Il vino Burson che si ottiene dall’Uva Longanesi è
intenso, molto ampio e ricco, con aromi fruttati a base di amarene,
spezie e cacao in bella evidenza. Al palato offre grande consistenza,
corpo e tannini poderosi.
Per
rendere il vino ancora più sontuoso e per estrarre il massimo dei
sapori, spesso i produttori fanno appassire le uve, in stile Amarone
per intenderci.
Abbiamo due tipi di vini. Il Burson
Etichetta Blu, che non fa appassimento, ma il
processo fermentativo della macerazione carbonica, caratterizzato da
freschezza di frutto, note di viole, prugne e pepe in sottofondo. Un
vino molto piacevole da abbinare a grigliate
di carne,lasagna al
forno, stracotto
di manzo, gnocchi
al sugo di castrato.
Filetto alla Chateaubriand e Burson e
poi il Burson Etichetta Nera,
il vero campione, il vino più pregiato, che proviene da uve fatte
appassire e poi messo ad affinare per almeno due anni in fusti di
legno. Il risultato è un vino di grande fascino, dal colore rubino
tendente al granato. Ricco di note mature, prugne sotto spirito,
cioccolato, liquirizia, erbe alpine e una struttura notevole, ma
sempre composta ed elegante, con tannini scolpiti dall’affinamento
nel rovere. Il Burson Etichetta Nera si abbina a piatti
di cacciagione, faraona
al tartufo, pappardelle
al ragù di cinghiale, stinco
al forno con patate.
Come servire il Burson: temperatura di servizio e
calici
Il
Burson è un vino rosso di grande intensità. Servitelo in bicchieri
ampi e panciuti per vino rosso, ad un temperatura di 18-20°C.
Giuseppe Gaspari , Palato Anarchico
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